Solitamente si scrive su come mollare tutto e partire per intraprendere un lungo viaggio o trasferirsi all’estero, cosa che ho fatto anche io e di cui racconto la mia storia nell’articolo Mollare tutto e partire per vivere all’estero.
Oggi però voglio raccontarvi un’altra storia, quella di come ho mollato tutto per tornare a vivere in Italia.
Il 29 aprile 2010 lasciavo definitivamente l’Australia dove avevo vissuto per 2 anni.
Me lo ricorda un timbro sul mio passaporto, peraltro annullato già da tempo in quanto scaduto appunto, ma che ho voluto conservare.
Non voglio dilungarmi sul perché partii né sulla vita che ho fatto in Australia (anche se è quello che tutti mi chiedono, oltre a voler sapere perché diamine sono tornata!).
Voglio invece iniziare da quel 29 aprile 2010 in cui ho viaggiato indietro nel tempo, letteralmente visto il fuso orario di 10 ore 🙂
Ricordo ancora tutto di quel giorno, l’agitazione, gli ultimi preparativi per far stare in due valigie due anni di vita, la corsa alle poste per spedire due scatole di libri e cose a cui tenevo e non volevo lasciare, il taxi che mi aspetta sotto la mia casa di Coogee, io che mi volto a guardare per l’ultima volta l’oceano, il portachiavi con la mia iniziale che ho dimenticato attaccato alle chiavi di casa.
E poi il mio arrivo in Italia, riabbracciare i miei genitori dopo più di un anno (ero infatti tornata a casa solo nel primo anno, anche se papà in realtà è venuto a trovarmi ben due volte), incontrare gli amici, emozionarmi di fronte ai panorami famigliari sentendomi di nuovo a “casa”.
Una sensazione per me nuova perché non avevo mai provato nessuna particolare affezione verso questo posto in cui sono nata e cresciuta.
Ed è proprio per questo che ho deciso di mollare tutto e tornare, per riscoprire me stessa e le mie radici.
È proprio vero che a volte si ha bisogno di andare lontano per apprezzare quello che si ha a casa, per vedere le cose da un’altra prospettiva. Io che per una vita mi sono considerata una cittadina del mondo e mai nella vita avrei immaginato di vivere in questo paesino nel nord della Toscana alla fine sono tornata proprio qui.
Ma facciamo un passo indietro. Era aprile. Sono tornata inizialmente a casa da mamma (bello per carità, ma dopo 8 anni di vita indipendente tornare a vivere con un genitore è abbastanza traumatico, chi l’ha provato sa di cosa parlo 🙂
Ho passato l’estate a casa in Toscana prima di tornare per lavoro a Milano nell’appartamento di mio nonno, dove avevo vissuto già negli anni dell’università.
Trovare lavoro a Milano è stato uno di quegli esempi in cui se sei aperto col mondo, il mondo risponde.
A Sydney lavoravo infatti per un tour operator di incoming organizzando itinerari e viaggi di nozze che vendevamo a tour operator internazionali, tra cui italiani. Uno dei nostri clienti era proprio un tour operator di Milano di cui avevo conosciuto due consulenti, Tina e Alessandro, durante un loro viaggio di lavoro proprio a Sydney.
Eravamo in confidenza insomma, così quando decisi di tornare gli mandai una mail per informarli e salutarli. Di lì a poco mi comunicarono che il loro capo voleva un colloquio con me, cosa che feci appena rientrata in Italia e così ottenni subito un lavoro senza nemmeno doverlo cercare.
Tornare a Milano tuttavia, dopo aver vissuto a Sydney, è stato uno choc. Sarà stato che quell’anno l’autunno era stato particolarmente uggioso, i ritmi frenetici (anzi no, proprio isterici), il fatto di essere lontana dal mio fidanzato; insomma dopo 6 mesi capii che la vita da metropoli non faceva più per me.
Così lasciai un posto fisso che, come sappiamo, in Italia, soprattutto in quegli anni di piena crisi era oro, per tornare a vivere in Toscana.
Non nascondo che i primi anni siano stati difficili, soprattutto perché trovare lavoro in un’area pedemontana depressa era pressoché impossibile.
Ho fatto colloqui per agenzie viaggi, uffici stampa con l’estero e varie altre in cui le condizioni erano a dir poco inaccettabili, non perché io volessi “tirarmela” che avevo lavorato all’estero, ma seriamente quello che proponevano era un insulto alla dignità di un lavoratore che ha investito tutta la sua vita a studiare e ha già maturato un po’ di esperienza lavorativa. Ma questa era l’Italia della crisi.
Decisi allora di lavorare come segretaria nell’officina meccanica di mio papà mentre mi ingegnavo e cercavo di sviluppare progetti nel mio campo, ovvero quello turistico.
Iniziai a collaborare con delle associazioni locali no profit di turismo e su un paio di progetti mai andati a buon fine, finché nel 2015, insieme ad altri ragazzi coetanei, fondammo una cooperativa di servizi turistici con l’intento di promuovere la nostra bellissima regione che era poco conosciuta dai turistici.
Gestire una cooperativa a 30 anni non è stato un gioco da ragazzi, nessuno mi ha insegnato come si fa, ma l’ho appreso sul campo occupandomi dalla gestione delle guide che lavoravano per noi, allo sviluppo di tour, promozione, fiere, gestione di punti informazioni, di un ostello e persino di un castello!
Un lavoro che adoravo perché mi sentivo coinvolta emotivamente nel voler far emergere questa terra che io per prima avevo sottovalutato per così tanto tempo, ma che avevo riscoperto e volevo far conoscere al mondo intero.
Purtroppo però dopo tre anni di lavoro senza orari, con un carico di responsabilità che mi toglieva il sonno e uno stipendio che bastava giusto a campare, le differenze e diatribe con i miei soci mi hanno fatto decidere di abbandonare tutto, seppur a malincuore.
Così ho ricominciato da capo, per l’ennesima volta, ma da sola, come freelance, lavorando per un tour operator toscano sullo sviluppo del turismo outdoor.
Pian piano che crescevo lavorativamente crescevo anche come persona, acquisendo più sicurezza, stima in me stessa e cercando di perseguire sempre un unico obiettivo, la mia realizzazione e felicità.
Regolarmente facevo un bilancio di cosa andava e cosa invece mi faceva star male e cercavo di aggiustare il tiro, senza più perderci il fegato e tempo inutile. Da allora lavoro come freelance solo su progetti che mi piacciono e mi appassionano.
Bisogna avere il coraggio di lasciar andare, riconoscere un fallimento, ricominciare da capo.
Il fine ultimo per me è sempre stato non lavorare per guadagnare ma fare qualcosa che mi desse soddisfazione, che per me valesse la pena, che non sentissi come un lavoro ma come una passione.
Spesso mi chiedono cosa ci faccio qui: “con le tue competenze all’estero guadagneresti un sacco di soldi”, mi sento ripetere spesso sia da amici espatriati che da persone che vivono qui vicino a noi.
Ma io ho scelto la qualità della vita.
Lo svegliarmi col canto degli uccellini anziché il rumore della auto, poter passare a fare un saluto a mio papà in officina ogni volta che ne ho voglia, l’andare a fare un bagno al mare dopo il lavoro o dormire in tenda sull’Appennino nel weekend, mangiare prodotti genuini acquistati dalle aziende agricole locali, mangiare polenta e capra alla sagra di paese osservando gli anziani ballare il liscio.
Ogni posto ha i suoi pro e contro, e se vivere in Toscana per me significa guadagnare meno ma vivere meglio e vicino ai nostri cari, credo non ci sia bisogno che spieghi oltre.
E i viaggi?
Continuo a farne, anche tanti a km0 per scoprire le meraviglie non solo della mia regione ma anche dell’Italia che per tanto tempo ho tralasciato a favore di mete internazionali.
Sono passati ormai 14 anni da quando ho mollato tutto e sono tornata a vivere in Italia, ho vissuto alti e bassi lo ammetto, ma mai ho messo in discussione la mia scelta di vivere qui.
Per chi ti dice che in Italia non c’è futuro, ci sono cascata anche io, sono fuggita appena ho potuto, ma se senti che qui è la tua casa non rinunciarci solo perché un sacco di blogger mostrano una vita da sogno lavorando come smart workers da una spiaggia paradisiaca.
Non credere che mollare tutto e vivere all’estero sia così facile, anzi, anche in Australia ho tribolato per cercare lavoro, una casa, pagare l’affitto, fare nuove amicizie, stare lontano dalla mia famiglia.
C’è chi trova il proprio posto nel mondo come nomade digitale o viaggiatore a tempo indeterminato e chi invece il suo posto ce l’ha a casa.
Non c’è una formula giusta valida per tutti, cambiare vita non significa solo mollare tutto e rivoluzionare tutto. Ognuno può compiere la sua piccola grande trasformazione. L’importante è chiederti cosa ti rende davvero felice.
Ed io l’ho trovata qui, esattamente da dove ero partita. In questi ultimi 14 anni ne ho fatta di strada, ma non come chilometri in viaggio, piuttosto dentro me stessa.
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