Oggi vi presento Christian di @viaggioltreillimite, un viaggiatore trasformativo (scopri di più sul turismo trasformativo).
Ma che significa? Che attraverso il viaggio ha trasformato la sua vita. Anche se “Non è mai un unico viaggio che fa la trasformazione”, mi racconta.
A 24 anni stufo di una classica vacanza modaiola basata sul rumore, festa, discoteche in destinazioni molto turistiche, decide di voler fare un viaggio, non una “semplice” vacanza, che vada quindi oltre il conoscere un luogo e a rilassarsi, ma che sia anche un’ esplorazione introspettiva.
Fin da giovanissimo Chri soffriva di attacchi di panico e questa era una delle motivazioni che lo aveva spinto ad andare sempre in vacanza in compagnia di amici. Finché un giorno decide di rinunciare all’ultimo momento ad una vacanza a Ibiza dove lo attendevano i suoi amici, per partire da solo per la Thailandia.
Perché la Thailandia?
“Fin da piccolo amavo vedere i documentari sugli animali e di viaggio, e sognavo un giorno di poter visitare questi luoghi esotici”.
In che modo questo viaggio ti ha cambiato?
“In realtà non sono tornato cambiato da questo primo viaggio ma mi sono conosciuto un po’ meglio, combattendo anche l’ansia e gli attacchi di panico, superando per la prima volta i miei limiti (da qui il nome che poi ho deciso di dare al mio blog).”
Per quale motivo hai deciso di intraprendere il Cammino di Santiago? Cosa ti aspettavi?
“Ho intrapreso il Cammino non perché ho sentito la “chiamata” come spesso accade, il mio obiettivo in realtà per il 2020 era di fare la transiberiana e viaggiare in Asia. Mi ero infatti preso un anno sabbatico licenziandomi da un lavoro stabile presso una multinazionale, ma poi a causa delle restrizioni non ho potuto farlo e così ho optato per il cammino per sfruttare questo tempo che avevo a disposizione ma senza grosse aspettative.”
Quali ragioni ti hanno spinto a scegliere questo cammino piuttosto che un altro?
“La scelta è venuta un po’ così per circostanza dovuta alle restrizioni del covid19, e perché avevo intenzione di partire a piedi direttamente da casa, ovvero Torino.
Ci tengo però a precisare che ho vissuto un cammino molto diverso da quel che si conosce come ho riscontrato più volte confrontandomi con persone che lo hanno percorso in passato.”
Hai organizzato tutto prima di partire o vivevi alla giornata?
“Non avevo organizzato nulla, sono partito da casa a Torino in autostop fino a Toulouse ma poi a causa del covid ho dovuto proseguire con bus e mezzi pubblici per attraversare i Pirenei fino a San Jean, da dove sono poi partito a piedi.
Ho quindi viaggiato seguendo le tappe del Cammino in 33 giorni con una media di 30 km al giorno, per un totale di 800 km in un mese e due settimane.
Non avevo alcuna prenotazione e mi è capitato anche di dover fare 45 km in un giorno perché ho trovato l’ospitalità chiusa a causa del covid, oppure a Leon dove non era possibile entrare perché la città era proibita al pubblico, ci hanno trasferiti con un bus.
Ho dormito in vari ostelli, tranne a Burgos dove era tutto chiuso e ho trovato una stanza su internet last minute.”
Qual’è stata la sfida più grande che hai dovuto affrontare?
“Non avevo esperienza di cammini, non ero particolarmente preparato fisicamente a percorrere 30 km al giorno quindi ammetto che sia stato piuttosto faticoso, anche se le sfide maggiori sono state il coronavirus e il meteo!
Lo scoglio più grande per me infatti che sono una persona freddolosa è stato proprio il meteo, c’era sempre freddo (con temperature anche sotto zero), pioggia e vento. I primi giorni sono stati molto duri, ma pian piano mi sono abituato.
La cosa bella è conoscersi e temprarsi, per superare i propri limiti serve Cuore e Testa.
Ora rientrato a casa ho trasformato questa mia ostilità verso il meteo uscendo a passeggiare e correre anche nelle mattinate d’inverno.
Poi, a differenza dell’immagine che si ha solitamente del Cammino di Santiago dove si fa amicizia e c’è tanta gente, io ero completamente solo.
Durante il giorno è anche bello stare in compagnia di sé stessi, ma credetemi che arrivi a fine giornata che senti il bisogno di condividere e parlare con qualcuno, anche perché sono stato in cammino per un mese e mezzo!”
Raccontaci i tre momenti che più ti hanno colpito e che porti nel cuore.
“Il primo che mi viene in mente è la prima tappa, la più difficile, in cui pensavo di morire, 35 km in salita. Ero da solo io e le montagne, ma nonostante tutto è stata una bellissima giornata, col sole, e ce l’ho fatta.
Un altro momento è stato nell’ultima settimana quando ho conosciuto un ragazzo spagnolo, Mark, maestro reiki. Ci siamo ritrovati soli io e lui in un ostello di 100 posti e siamo subito diventati amici. Mi era capitato durante il mio mese e mezzo di cammino di incontrare qualcuno (poche persone), ma con nessuno avevo trovato un certo feeling. Con Mark invece mi sono sentito a casa ed ho trascorso con lui gli ultimi 4 giorni arrivando insieme a Santiago.
Sicuramente un momento che porterò nel cuore è stato quando ho visto l’oceano a Finisterre(dove si è concluso il mio cammino). Onestamente mi ha emozionato ancora di più rispetto a Santiago, perché c’era un’energia particolare, una carica pazzesca ma allo stesso tempo mi ha donato una gran calma.
Voglio aggiungere un quarto momento che mi ha emozionato che è stato rivedere Soraya, la mia ragazza, e la nostra cagnolina Coco (che per me è stata una sorpresa) quando sono venute a prendermi all’aeroporto di Malpensa al mio rientro.”
Quali sono i pro e i contro del Cammino di Santiago?
“Come ogni viaggio dà soddisfazioni a prescindere delle esperienze positive o negative perché ti insegna qualcosa.
In viaggio infatti è difficile riconoscersi, capire se stai vivendo il “vero te” oppure se sei quello che sei a casa nella tua quotidianità, perché il viaggio diciamo non è la tua “normalità”, quindi è un’ottima occasione per conoscersi meglio.
I contro sono stati indubbiamente il covid che ha inciso anche sulla difficoltà nel trovare ospitalità; il meteo, in particolare la pioggia; stare tanto da solo, perché solitamente anche se parti in viaggio da solo qualcuno incontri lungo il cammino, io invece ho trovato tanta diffidenza e passavo giornate senza incontrare nessuno.”
In che modo questo viaggio ti ha cambiato? Cosa ti ha insegnato?
“Onestamente a me il Cammino di Santiago non mi ha cambiato la vita. Sicuramente mi ha temprato e mi ha reso più forte, ma ho anche sofferto uno stress fisico e psicologico indescrivibile. Ho vissuto un malessere ed ho capito che tante cose che si vedono e leggono sui social sono solo una facciata.
Quando leggi le esperienze di viaggio sui social infatti sembra sempre tutto rose e fiori, difficilmente trovi qualcuno che ti racconti davvero le difficoltà, il brutto, qualcosa che va storto. E’ come se ci fosse una sorta di “malattia del viaggiatore” che ha bisogno di sogni e quindi segue queste specie di guru del viaggio che mostrano solo il bello.
Vivendolo quindi sulla mia pelle ho cercato di mettermi a nudo e mostrarmi anche nelle mie debolezze. Man mano che osservavo questo scollamento tra ciò che mostrano i social e la realtà sono diventato sempre più disilluso ed ho sentito il bisogno di condividere verità, perciò ho scelto di mostrarmi così comunicando ogni giorno le mie sensazioni e come mi sentivo.
Per questo motivo al ritorno a casa ho deciso di allontanarmi da questo mondo dei social per essere coerente con quanto ho sostenuto e godermi un po’ la “mia” realtà quotidiana. Questo cammino è stato per me occasione di crescita, smarrimento e gratitudine per diventare un uomo mettendomi in gioco. Mi ha aiutato ad arrivare all’essenza e, grazie a tutte le difficoltà quotidiane, scoprire quali sono le priorità per dare un senso nuovo alla propria esistenza, per vivere e non per sopravvivere.”
Sei grande Cri, ti abbiamo seguito dall’inizio alla fine, abbiamo sofferto il freddo insieme a te, meravigliati ad ogni nuova tappa ed estasiati a vedere l’oceano! Hai fatto benissimo a raccontare il tuo percorso senza veli!
Ha tenuto tutti noi incollati alle stories ogni giorno vero? Gran esperienza e anche grande insegnamento.
Simona