Alza la mano se anche tu almeno una volta nella vita ti sei sentito perso, disorientato e senza idee. Se almeno una volta ti sei chiesto: “ma io cosa ci faccio su questo pianeta?”
Dopo aver terminato le scuole superiori il mondo mi appariva così strano e incomprensibile che non sapevo più da che parte guardare. La famiglia e la società mi chiedevano a gran voce di prendere una decisione rapida perché “qualcosa nella vita bisogna pur fare”. Non importava cosa, l’importante era fare, anche se quella scelta poteva portare a stati di malessere elevati.
Ho speso tutta la mia giovinezza a svolgere lavori poco affini alle mie caratteristiche: lavando piatti, affettando salumi in un supermercato o affittando scarponi da sci in un noleggio. Tutti lavori nobili per carità, ma se parliamo di passione ero lontano anni luce.
Odiavo la Val di Zoldo, il mio luogo di nascita, la casa dove ero cresciuto, e non riuscivo proprio a trovare qualcosa che mi permettesse di essere felice e soddisfatto della vita.
Cosa mi piaceva fare quindi? Cosa mi spingeva ad essere soddisfatto di chi ero e cosa facevo?
A vent’anni non lo sapevo e non avevo nemmeno la più pallida idea di dove iniziare.
Ero un insoddisfatto cronico della vita. Mi lamentavo di qualsiasi cosa e non trovavo la chiave per risolvere uno stato interiore intricato.
Così a 22 anni ho abbandonato la Val di Zoldo e ho cominciato a vagare per il mondo alla ricerca di un luogo da chiamare Casa, alla ricerca di me stesso.
La prima casa che ho trovato è stata il viaggio, il costante movimento, la scoperta.
Il viaggio è stato un meraviglioso strumento che mi ha permesso di crescere e trovare la mia strada.
Di seguito ti racconto le dieci esperienze di viaggio trasformativo più incredibili che mi hanno aiutato a cambiare vita ritrovando il mio cammino:
1) Mollare tutto e andare a vivere in Spagna
La Spagna è la meta che molti giovani scelgono per dare una svolta alla propria vita: ritmi lenti, persone aperte e divertimento assicurato. La penisola iberica è stata l’iniezione di fiducia che mi serviva per entrare in contatto con la mia essenza e ritrovare le mie passioni. Per la prima volta mi ero messo al primo posto: prima delle esigenze familiari, lavorative e sociali.
Scegliere Barcellona voleva dire uscire dal guscio delle sicurezze, dalla zona di comfort e tuffarmi nel mare dell’incertezza.
Non potevo più contare su nessuno, ma solamente sulle mie forze. La vita mi premiò: trovai subito un nuovo lavoro, nuove amicizie e un nuovo stile di vita. Abbandonare ciò che non mi faceva stare bene fu il primo passo per ritrovare la serenità e quegli ipotetici 3 mesi di esilio si trasformarono rapidamente in 4 anni, facendo diventare Barcellona non solo la mia seconda casa, ma anche un luogo fondamentale che mi incanalò verso la direzione a me più affine.
2) Camminare 4000 km dalle Dolomiti a Santiago de Compostela
Camminare è straordinario e rivoluzionario, riporta l’essere umano ad una dimensione più intima e profonda di se stesso.
Se poi la passeggiata diventa un vero e proprio cammino di 7 mesi non può che essere un viaggio trasformativo. Questa folle idea mi è venuta in testa quando il malessere aveva deciso di prendere il sopravvento e non pensavo di possedere le risorse necessarie per combatterlo. Scelsi di camminare per poter sfogare tutte le tossine accumulate in molti mesi bui e l’effetto fu strabiliante. Mi feci accompagnare da un simpatico carretto di nome Gionni, un mezzo fondamentale per il successo di quel progetto. Avevo scelto di essere completamente autonomo: sacco a pelo, materassino, tenda, cucinino a gas e un budget giornaliero di 5 euro al giorno. Fu un’avventura sensazionale che mi riportò a quello che considero il vero significato della Vita: una dimensione più Umana che rispetti i ritmi della Natura e permetta di vivere un’esistenza serena.
Conobbi la solitudine e ne diventai amico, incontrai tantissime persone che mi aprirono il cuore e mi aiutarono in ogni momento. Infine, conobbi me stesso e capii che nella vita la parola impossibile non esiste. Racconto di questa esperienza nei miei primi due libri: Alla ricerca dell’alba e Destinazione Amore.
3) Couchsurfing per il mondo
Couchsurfing, letteralmente “fare surf sul divano”, è il metodo più inclusivo, economico ed evolutivo che esista per una persona che vuole superare la barriera della timidezza. Lo scoprii in viaggio in Sudamerica, tra Brasile, Argentina, Uruguay e Cile, quando la voglia di immergermi nelle culture locali prese il sopravvento sul bisogno di seguire un programma organizzato e dettagliato. Couchsurfing è un servizio di scambio e ospitalità dove l’host, ovvero chi ospita, mette a disposizione gratuitamente un letto o un divano per i viaggiatori. A volte viene richiesto all’ospite qualche piccolo servizio, come cucinare o pulire; spesso è sufficiente condividere qualche racconto di viaggio o qualche aneddoto di vita.
Così facendo venivo ospitato dalla gente locale ascoltando storie incredibili e vivendo momenti indimenticabili, come per esempio partecipare ad un rituale sciamanico con uno psicologo molto particolare, imparare l’arte del macramè con una signora uruguaiana o cucinare vagonate di gnocchi per dei ragazzi universitari brasiliani che ridevano a crepapelle per il mio gesticolare all’italiana.
Ho sempre trovato tanta gentilezza, disponibilità e ospitalità da parte degli host e ciò mi ha permesso di sentirmi accolto, cancellando il terrore che sentivo dentro di essere giudicato o di sentirmi sbagliato.
Viaggiare con couchsurfing mi ha insegnato ad avere una fiducia incondizionata verso il genere umano ed io, in un attimo, avevo stravolto l’idea insensata di sospettare del mondo.
Se vuoi provare anche tu questa esperienza, basta iscriversi all’app Couchsurfing.
4) Viaggiare in autostop in Argentina
Viaggiare ha trasformato la mia vita. Viaggiare lento mi ha permesso di ritrovare un ritmo adatto alle mie caratteristiche. Ho preso contatto con l’autostop in Argentina quando le spese per i trasporti pubblici erano troppo elevate per i miei risparmi. Nonostante qualche titubanza iniziale, presi coraggio e mi buttai. Andavo in strada, sceglievo con cura il posto adatto, alzavo il dito, sfoggiavo un sorriso a 32 denti e aspettavo con gioia che qualcuno si fermasse e mi desse un passaggio.
Affidarmi all’ignoto mi ha permesso di mollare la voglia di voler controllare tutto e accogliere con serenità l’evolversi della situazione.
A volte aspettavo per soli 5 minuti, altre invece attendevo per ore. Ogni tanto mi arrabbiavo chiedendomi perché nessuno rispondeva al mio SOS di aiuto, mentre spesso mi sorprendevo delle magie che accadevano.
L’autostop ha contribuito a trasformare la mia paura di essere rifiutato in una risorsa fatta di fiducia e coraggio, donandomi un’esperienza indimenticabile che ancora oggi utilizzo con costanza nei miei spostamenti per il mondo.
5) Conoscere Pepe Mujica, ex-presidente dell’Uruguay
José Mujica, più comunemente chiamato Pepe, è stato per 5 anni presidente dell’Uruguay. Forse ora ti starai chiedendo cosa c’entra la politica in un blog di viaggi, tuttavia come leggerai in seguito, questo straordinario incontro mi ha aiutato a cambiare un punto di vista importante. La politica non è mai stata tra i miei interessi primari e ho sempre percepito nei politici un clima di falsità e menzogna. Pepe invece ha rivoluzionato la mia maniera di vedere il mondo politico e mi ha dimostrato che un cambiamento anche ai piani alti è possibile. Come? Partendo dal basso, dal popolo.
Pepe ha trasformato un paese come l’Uruguay con accorgimenti semplici ma straordinari quali dimezzare il tasso di disoccupazione del paese, aumentare il salario minimo del 250% e depenalizzare la marijuana per togliere potere al narcotraffico. Pepe rifiutava il capitalismo, la globalizzazione e soprattutto il consumismo sfrenato. Viene chiamato “il presidente povero”. Povero perché aveva scelto di vivere in maniera sobria, limitando le spese e consumando solo il necessario per vivere.
“Bisogna essere capaci di sognare”
ripeteva spesso il presidente. E questo slogan l’ho fatto mio, tanto che quando mi trovai in Uruguay decisi di tentare la sorte e recarmi fino a casa sua per conoscerlo di persona. Impossibile? Niente è impossibile nella vita.
Mi appostai a Rincon del Cerro e aspettai pazientemente per alcune ore. Pepe apparve e mi accolse con gioia per una chiacchiera che non dimenticherò mai. Il presidente filosofo, un esempio di vita che ha trasformato molti aspetti delle mie idee del mondo e che, a mio parere, verrà completamente valorizzato solamente in futuro.
6) Parlare dialetto zoldano in Brasile
Parlare dialetto zoldano a 10000 km di distanza dall’Italia? Sì, è possibile.
La prima volta che atterrai in Brasile mi recai al sud del Paese, in un piccolo paesino dello Stato di Santa Catarina, tale Rio Jordão. Alcune persone della Val di Zoldo mi avevano raccontato che in quel luogo si parlava ancora il dialetto zoldano ed io ero molto curioso di esplorare anche quel lembo di mondo.
La grande emigrazione di fine ‘800 aveva portato diverse famiglie della Val di Zoldo a cercare fortuna in America attraversando l’oceano durante 40 giorni di viaggio. Questi, si erano insediati nell’entroterra catarinense perchè dicevano che quel luogo assomigliava a casa e si erano ricostruiti una vita lontani dal Belpaese.
La storia era talmente incredibile che dovetti assolutamente verificarlo di persona.
Arrivai a Jordão dopo mille peripezie e la situazione che trovai mi lasciò esterrefatto.
Gli abitanti del luogo non solo parlavano dialetto esattamente come me, ma fin dal primo giorno mi trattarono come uno di loro donandomi affetto, gentilezza e cibo a volontà.
Mi spiegarono che a Jordão non parlavano propriamente lo zoldano ma il talian, ovvero un mix tra dialetto zoldano e portoghese.
Rimasi una settimana in loro compagnia proponendomi di aiutarli nella loro routine quotidiana. Mi ritrovai a raccogliere fagioli nei campi, ricostruire uno steccato malandato e bere cachaça, il rum tipico della zona, alle 8 del mattino. Un’avventura incredibile in un luogo incontaminato e in compagnia di persone meravigliose. Non fu facile riprendere il viaggio, lì mi sentivo a casa, una casa fatta di affetto, semplicità e amore. Se vuoi vedere il video del gemellaggio Rio Jordão – Val di Zoldo clicca qui!
7) Trovare la guarigione attraverso l’ayahuasca
L’ayahuasca è una pianta della selva amazzonica che sta facendo molto discutere nel mondo occidentale. Fin dall’antichità veniva usata negli Stati sudamericani, quali il Perù, il Brasile e la Colombia, come pianta curativa.
Oggi molte culture occidentali la stanno integrando e sempre più persone sperimentano gli effetti quasi miracolosi di quella che, a tutti gli effetti, viene ancora considerata una droga.
Ma cosè esattamente l’ayahuasca? Si tratta di un intruglio dalla consistenza densa e dal sapore amaro ricavato dalla pianta rampicante Banisteriopsis caapi e bevibile solamente dopo una cottura sul fuoco di circa 30 ore. É una pianta allucinogena talmente potente da offrire a chi la assume un viaggio interiore nelle profondità di se stesso, utile alla crescita spirituale dell’individuo.
La scoprii nel 2019, dando retta ad una serie di segnali che mi spinsero a provarla.
Accadde prima in Brasile e poi in Perù. Sperimentai entrambe le modalità: la sciamanica prima e la ancestrale poi. La prima è responsabile di quello che viene definito un viaggio allucinogeno con visioni rivelatrici e stati alterati di coscienza, mentre la seconda si occupa solamente di effettuare una grande pulizia su tutti i piani: fisico, mentale ed energetico. La pulizia in entrambi i casi si verifica attraverso vomito e/o diarrea. Personalmente notai enormi benefici, soprattutto con la seconda, perché dopo un periodo di un mese e mezzo nella selva assumendo piante maestre, il risultato fu notevole:
risoluzione di conflitti interiori, grande chiarezza e una visione più ampia dei talenti che erano racchiusi dentro di me.
Tuttavia, mi piace ricordare che nessun agente esterno fa tutto il lavoro al posto nostro. L’ayahuasca può aprire finestre importanti per aiutarci a superare situazioni o momenti complessi della nostra vita, ma io sono convinto che dentro di noi ci siano già tutti gli strumenti necessari per risolvere i nostri dilemmi esistenziali.
L’ayahuasca come molte altre piante naturali è uno strumento che, se usato nella maniera corretta, può portare enormi benefici ma, se affidato a mani inesperte, può causare danni notevoli.
8) Due mesi lavorando nelle piantagioni di marijuana in California
Da una pianta…all’altra. La marijuana è una pianta conosciuta in tutto il mondo, controversa nei giudizi e fin troppo discussa. Ne feci uso per 7 anni della mia vita credendo fosse la soluzione ai miei persistenti problemi di insonnia e ansia. Ne ero talmente convinto che quando decisi di lasciare Barcellona volai fino in California per approfondirne il rapporto e, attraverso una serie di sincronie, trovai lavoro nei campi di marijuana, a nord di Sacramento. Vissi un’esperienza folle, ospite di un pazzo scatenato che fumava ininterrottamente dalla mattina alla sera. Il lavoro prevedeva di “trimmare”, ovvero spulciare, le cimette di marijuana e prepararle per la vendita. Un lavoro teoricamente molto ben remunerato se non fosse che, nel mio caso, riuscii a malapena a pagare le spese. Quell’annata il raccolto fu scarso, frutto di dissidi importanti tra il giardiniere e il boss. Tuttavia, quell’esperienza mi rimase impressa nella memoria per la quantità di pazzie a cui dovetti assistere, per esempio quando il giardiniere del ranch, in conflitto con il capo, tentò di appiccare un incendio versando litri di benzina sulle piante di marijuana, oppure quando una mattina ci svegliammo con l’elicottero della polizia sopra la testa alla ricerca di trimmingrants (immigrati illegali).
Passai due mesi a lavorare nel ranch e, anche se il risultato economico non fu quello sperato, devo ammettere di aver vissuto un american dream in piena regola.
Quell’esperienza mi fu molto utile perché mi insegnò che spesso la vita non ti dà quello che vuoi, ma solamente quello che ti serve per evolvere nel tuo cammino di crescita.
9) La traversata dell’amazzonia dormendo 2 mesi in amaca
L’amazzonia è apparsa nella mia vita un po’ per caso, anche se credo fortemente che il caso non esista. Non ero intenzionato ad andarci in quel viaggio, eppure la vita mi mandò dei segnali inequivocabili. Potevo sottrarmi a un’esperienza del genere? Assolutamente no! Anche se mai avrei immaginato di passarci due mesi ininterrottamente.
La porta d’ingresso dell’Amazzonia (o d’uscita, dipende da che parte si intraprenda il viaggio) era Belém, nello stato del Parà. Lì iniziò la mia avventura nel polmone verde del pianeta terra. Prima di intraprendere il viaggio dovetti comprare il mio letto portatile perché in Amazzonia la modalità di riposo più usata è…l’amaca!
Infatti, in quella parte di mondo è abituale riposare su quel pezzo di stoffa appeso a due pali, nel mio caso invece il rapporto fu abbastanza controverso. Mi sentivo scomodo, dormivo poco e male e mi svegliavo con vari fastidi alla schiena. Solo con il tempo capii come adattare nel migliore dei modi l’amaca al mio corpo fisico e anche il mio sonno migliorò.
Passai due mesi coccolato dall’amaca e attraversai tutta l’Amazzonia: da Belem in Brasile fino a Yurimaguas in Perù. Due mesi intensi fatti di lunghe traversate silenziose, qualche pausa nelle comunità indigene, rituali ancestrali e nuovi amici conosciuti lungo il cammino.
L’amaca mi mostrò quanto sia importante lo spirito di adattamento in viaggio e nella vita, quanto sorridere anche nelle scomodità possa ribaltare qualsiasi situazione.
La vita è troppo preziosa per lamentarsi di quello che non funziona, è decisamente meglio accogliere l’imprevisto come un’opportunità per crescere e soprattutto per sorridere.
10) Scalare 36 cime delle Dolomiti in un’estate
È possibile innamorarsi profondamente di qualcosa che si è odiato per quasi 30 anni? Sì, se parliamo delle Dolomiti. La Val di Zoldo mi ha dato i natali ma in quel pezzo di terra non mi sono mai sentito a casa.
Nel 2020, quando il mondo intero si fermò, fui costretto a fare i conti con me stesso e con le mie resistenze, ritrovandomi a vivere un lungo periodo di vita nel luogo dove sono nato.
Scherzetto della vita? Probabilmente sì! Con qualche fastidio accolsi la sfida e dovetti fare pace con un luogo in cui non mi ero mai sentito a mio agio.
Ri-conobbi Giacomo, un caro amico, e assieme decidemmo di scalare assieme le montagne di casa. Fu una sorpresa enorme rendermi conto che a pochi passi da quel luogo che odiavo ci fosse uno spettacolo naturale di tali dimensioni. Scalammo assieme 36 cime dolomitiche, un numero esorbitante considerando che fu raggiunto in una sola estate. Passammo dal Pelmo al Civetta, dalla Marmolada alla Moiazza, dalla Torre Valgrande alla Torre Sabbioni.
Mi innamorai nuovamente di casa e ritrovai inaspettatamente tutto ciò di cui avevo bisogno: silenzio, natura e pace!
In questo articolo vi racconto dei 5 trekking più panoramici delle Dolomiti in Val di Zoldo.
Queste sono le dieci esperienze trasformative che mi hanno aiutato a cambiare vita e trovare la mia Casa.
Di queste avventure e ciò che mi hanno insegnato, parlo nel mio nuovo libro In cammino verso casa. Se anche tu sei pronto a cambiare vita questo è il libro che fa per te!
In questi ultimi dieci anni ho capito che in viaggio, come nella vita, l’attitudine fa la differenza e se riesci ad ascoltarti nel profondo il cammino si aprirà davanti ai tuoi occhi. Credici, perché se lo fai accadono i miracoli.